martedì 6 dicembre 2011

Amaro ed indigesto


Triangolazioni, distanze, sensazioni.
Mutevolezza, tutto cambia con il passare del tempo.
Vivere ha un che di crudele, ti rimescola le carte, quando stai provando qualcosa di piacevole ti porta con i piedi per terra, ricordandoti che dar per scontato le cose è errato.
Un seme piantato nel terreno avrà bisogno di mille attenzioni per arrivare a germogliare e poi crescere.
Lo stesso vale per le persone che entrano ed escono dalle nostre vite, alcune passano svelte senza lasciare che un piccolo graffio in noi, con il tempo ce ne dimentichiamo e la tela sul quale dipingiamo la nostra esistenza sembra sbiadire nel punto dove dovrebbe essere il loro posto. La tela però rimane inspiegabilmente intatta, in attesa di qualcuno che possa lasciare un segno più profondo, un piccolo capolavoro nel nostro personale mosaico.
Alcune persone sono più speciali di altre e atteggiamenti che in altri nemmeno scorgiamo, se sono loro a commetterli ci fanno male, è un po come se in quella tela qualcuno facesse un profondo taglio con una lama affilata. Difficilmente è riparabile e più pensi che dovresti soprassedere su tali sciocchezze, più pensi che per queste persone tu hai fatto molto, magari una telefonata fatta in un momento difficile, supporto incondizionato anche se in fondo sapevamo di non dover assecondare comportamenti autodistruttivi. Credo che la distanza in questo non aiuti a chiarire situazioni potenzialmente ingigantite dal tarlo del sospetto che ti convince del fatto che ti è stata mancata delicatezza per un bel gesto. Sai perfettamente che quel gesto non era dovuto, eppure tu lo hai voluto fare lo stesso però quando ti viene detto " ah vabbè ma io non mi preoccupo di nulla tanto ci pensi tu, so che andrà bene in ogni caso.." Eh no! non funziona così, pensare agli altri è impegnativo, accontentare tutti lo è, cercare di pensare alle individualità diverse e trovare un compromesso che vada bene per molti è molto più difficile di quello che sembri. Certo mi si potrebbe rinfacciare che nessuno mi ha chiesto nulla, che costruisco e disfo tutto da solo, però così sarebbe fin troppo comodo per gli altri, godono del mio impegno e poi non si rendono nemmeno conto che certe piccole attenzioni vanno pensate e poi messe in atto. Ebbene quando tutto ciò non viene considerato o considerato troppo poco magari con una frase buttata li.... ecco è li che la tela si rompe, si potrà riparare, lo so che sarà così ma non sarà più come prima, non potrà più esserlo ed è un peccato perchè forse pensavo, a torto o a ragione che sia, di meritarmi un po più di rispetto. Il sapore della delusione provocato da qualcuno a cui vuoi bene è veramente indigesto, specialmente perchè anche a distanza di giorni speri sempre che vi sia un segnale che però ancora non è arrivato.
Peccato....

giovedì 3 novembre 2011

Der Pragel und die Klöntal – kapitel drei.

La cantonale corre accanto all'autostrada, compressa sempre più dai monti che sembrano voler incombere su di noi e stritolarci in un'inevitabile morsa.
Poi una della due scompare sotto terra nella galleria del San Gottardo mentre per l'altra l'impresa potrebbe apparire ardua.
Di fronte a me un muro di roccia viva ma la cantonale sembra infischiarsene e procede temeraria certa di vincere la propria sfida. Per chi affronta per la prima volta questa salita ad un primo avvicinamento la stessa potrebbe mostrarsi impossibile eppure il genio umano ha trovato modo di sfruttare tutti gli appigli possibile per far transitare di qui mezzi di locomozione, Uno sparuto gruppetto di corte gallerie consente il passaggio nei punti più ostici mentre sinuosi ed ampi tornanti rendono la guida appagante nei piccoli terrazzamenti naturali a disposizione.
Al termine dell'ascesa poi appare quasi impossibile che al di la dell'ultimo tunnel ci sia un'ampia e pianeggiante valle dove Andermatt regna come incontrastata mater loci.
Comincio ad aver fame e la Gasthaus Ochsen è sempre più vicina..
Varcare l'ingresso di questo posto è sempre un piacere, dall'intensa luce esterna al soffuso calore dell'interno, tutto rivestito in legno scuro, l'occhio fa fatica ad abituarsi ma poi tutta questa “morbidezza” rende l'ambiente rilassato e riposante. Le immagini di una Andermatt in bianco e nero con le botteghe di un tempo senza la mondanità dell'attuale località turistica riportano indietro nel tempo e fanno capire la difficoltà della gente che viveva qui nel sopravvivere.
Siamo praticamente fuori stagione e quindi di clientela ve n'è poca in giro, qui oggi sono l'unico ospite e riesco anche a fare della simpatica conversazione con la ragazza che presidia il locale.
Ordino una “tages suppe” ed una “Fondue mit pilzen” ed un'ottima lager per dissetarmi.
La zuppa del giorno è una semplice minestra di verdure con un mix di spezie dalla moderata piccantezza che la rendono gradevolissima, ma il piatto forte deve ancora arrivare.
Sua maestà la Fonduta fa il suo ingresso su di un trono di metallo con tanto di fornelletto mentre lei è contenuta in un rustico padellaccio di coccio, a parte un cestino di dadini di pane di segale da tuffarci dentro.
Il profumo che si sprigiona dal piatto è un effluvio paradisiaco per chi ama i formaggi, la nota moderatamente alcolica inebria i sensi e la consistenza ed il sapore dei funghi completano il tutto perfezionandolo ulteriormente. Assaporo con tranquillità il tutto, non con la solita fretta da gola che spesso mi contraddistingue. La sosta qui va misurata con sapiente lentezza in modo da lasciare ai propri sensi il momento di godere di questa succulenta semplicità.
Chi critica la cucina elvetica lo fa senza discernimento anche perchè spesso quel qualcosa di simile all'italica sapienza culinaria qui non lo troverà. Ogni luogo ha la sua cultura ed i suoi adattamenti alle disponibilità e difficoltà del territorio, con tutte le tradizioni e le abitudini compongono quel mosaico che definisco storia di un popolo. Qui la semplicità e la rusticità delle materie prime fanno il resto.
Ristabilito il carico calorico mi rimetto in marcia, oggi devo verificare la fattibilità di un percorso alternativo al Lucomagno, tanto sgradito ai miei abituali compagni di viaggio.
Tschamüt è la mia prossima meta appena dopo l'Oberalpass. Il trenino rosso della Rätische bahn fa capolino tra le gallerie sulla veloce salita che porta al passo, un susseguirsi ci curvoni veloci e di tornanti dal raggio amplissimo che ti invitano a piegar sempre più la moto. La sede stradale è perfetta ed il panorama su Andermatt è da togliere il fiato. Dopo “il tornante in galleria di Max” ( Infida e bastardissima galleria con al suo interno una curva che in realtà è un vero e proprio tornante a chiudere, di Max perchè c'è ancora il segno della sua spallata li dentro ) un semirettilineo che porta in cima al passo dove è possibile tenere velocità da brivido. Appena passato i passo sembra di essere in un altro luogo, la sede stradale si fa stretta e tortuosissima con pendenze interessanti fin quasi a Sedrun dove invece riprende a scorrere con ritrovate caratteristiche di valle.
Disentis/Muster è il bivio incriminato:
destra e si proseguirebbe sulla più diretta strada per il Lucomagno ;
sinistra e si prosegue per Ilanz e successivamente per Bonaduz.
Oggi opterò per la seconda opzione, ma con una variante ben diversa dalla cantonale di vallata, seguirò la strada dell'altopiano di Obersaxen.
La discesa verso Ilanz è sinuosamente piacevole peccato per il traffico che con la complicità dell'orografia del posto non agevola il sorpasso. Il cartello per Obersaxen mi obbliga alla svolta a destra su per una stradina stretta ed umida, non mi convince e per parte dell'ascesa dubito di aver fatto la scelta giusta.
Invece superati i primi 3 o 4 km tutto appare nella sua grandiosità, vista a più di 200° tutt'intorno, sui monti, sulla vallata, sul bosco e sui borghi montani da attraversare.
Qui non esistono cancelli, barriere, ostacoli e qualsiasi cosa che intrappoli la quotidianetà delle famiglie all'interno di un ipotetico confine.
Tricicli e biciclette di piccole dimensioni sono a testimonianza che qui ancora è possibile giocare in cortile senza rischiare di essere investiti. Le mucche ruminano paciose nei prati ed i panni stesi al sole sono la prova di una naturale quotidianetà.
Qui in altura i cartelli per Ilanz scompaiono all'improvviso e così proseguo ad intuito ed a memoria del paesaggio circostante della valle alla mia destra. Giungo ad Ilanz, ci passo attraverso per pochi metri ed imbocco la Panoramastraße che mi porterà a Bonaduz. Il primo tratto è molto scorrevole, pochi centri abitati e la guida si fa sciolta ma al salire dell'altitudine sembra di immetterci in un paesaggio sempre più selvaggio ed ostico.
Qui il Reno ha scavato un vero e proprio canyon carsico e la carrabile deve necessariamente adattarsi in dimensioni e tracciato alle pareti della montagna.
Il sapere che di qua possono passare anche gli autobus postali della “Die Post” mi rende molto prudente. Il panorama è da togliere il fiato, le gallerie sono nude, roccia viva senza rivestimenti od illuminazione, alcuni passaggi sono a silouette ogivale, peccato non essere riuscito a fare una foto.
L'ultima curva cieca lascia di nuovo il terreno ad un fitto bosco e dopo una manciata di curve la strada scorre dritta come un fuso per una manciata di km fino a Bonaduz.
“Variante Panoramastraße” promossa, alla fine saranno una sessantina di km in più ma in ogni caso vale la pena la digressione per il paesaggio.
Ormai mi aspettano solo la Via Mala e lo Spluga per rientrare in Italia. Km che percorro in scioltezza senza fretta, la giornata è stata intensa ed impegnativa ma ricca di soddisfazioni.
Il Pragel è uno dei posti più belli che abbia mai avuto l'opportunità di vedere, non tanto per il piacere di guida, quanto per quello che questo passo secondario regala ai sensi.
Una breve sosta a Chiavenna e poi la solita noia per rientrare a casa.
Arrivederci alla prossima primavera Herr Pragel.

martedì 25 ottobre 2011

Der Pragel und die Klöntal - zweite kapitel



Una primordiale foresta di conifere mi inghiotte di nuovo, il Kerenzenberg è infido ma alla fine non riesci a non apprezzare gli scorci maestosi che sa regalare.
In mezzo al bosco l'asfalto è perennemente umido e nonostante sia di buona qualità con un tracciato da leccarsi i baffi, va sempre rispettato e mai sfidato. 
In compenso al suo inerpicarsi sul fianco della montagna muta il suo aspetto in una speciale balconata panoramica sul Walensee che culmina a Filzbach. 
Il lago quest'oggi di un colore così irreale che ho difficoltà a descrivere, un misto di blu cobalto con punte di turchese e smeraldo, semplicemente magnifico. Questo piccolo borgo ha veramente una posizione invidiabile.
La Kerenzenberstraße in prossimità della sua fine ha un ultimo sussulto di gloria, un panorama spettacolare su Glarus e le circostanti Alpi glaronesi.
Sono quasi le 10 ed ormai il clima è decisamente piacevole, non fa ne caldo ne freddo. Il sole splende e di nuvole nemmeno l'ombra.
Il Pragel mi attende e la mia curiosità cresce al passare dei km che mi separano da quella svolta a destra. Il cartello che indica la chiusura fine settimanale dice che sono sulla strada giusta, il Pragel e la Klöntal sono posti poco frequentati e quindi la strada è quasi deserta, la scritta “Offen” da il via ufficiale alla salita verso la sella che divide il canton Glarus dal canton Schwyz.
Mi stupisce vedere una macchina della Polizei su per di qua, ne capirò poi il motivo.
La vallata si preannuncia bellissima, stretta e verdeggiante. È già tanto che siano riusciti a costruire una carrabile... un miracoloso matrimonio tra natura e presenza umana. I colori autunnali qui in valle sono in divenire, un caleidoscopio di gialli, ocra, ori e rossi. Le cortecce degli alberi intrise d'umido mattutino rendono il muschio ed i licheni che le ricoprono un lucido velluto verde. Tutto è immerso nel bosco ceduo e solo con il procedere verso l'alto si cominciano ad incontrare le prime conifere. So per certo che nel mio incedere a breve avrò l'ennesima visione lacustre di questa giornata ma lo stupore del momento è stato uno dei momenti più belli che abbia mai vissuto in compagnia di Hime. Il lago è apparso improvvisamente, placido e liscio come una tavola, dopo un leggero scollinamento all'immediato limitare del bosco. Uscire allo scoperto di un'area così ampia dopo aver provato l'intimità del bosco toglie il fiato. Qui capisco la presenza della Polizei, che nel frattempo mi aveva raggiunto al limitare del lago.
Un suono di campanacci prima appena percettibile si fa via via più prossimo ed assordante.
Alcune centinaia di bovini stanno vivendo l' Alpabzug (transumanza) agghindati a festa con dei copricapi fioriti. La lenta ma inesorabile processione viene controllata da numerosi mandriani e mandriane vestiti a festa con i costumi locali.
Indubbiamente ai giorni d'oggi assume un connotato folkloristico ma riesce ancora a trasmettere il senso di fatica e di vita alpina che resiste da queste parti nonostante la tecnologia.
Le simpatiche vacche lasciano anche dei simpatici ricordini su tutta la sede stradale e l'aria prima frizzante e fresca si riempie di note acri e pungenti tanto da farmi arricciare le narici.
Assisto con pazienza al lento passaggio ed una volta che la Polizei me lo permette procedo sulla Klöntalerstraße costeggiando l'omonimo lago incedendo lento e sinuoso per evitare le deiezioni bovine. Richisau si trova sul lato opposto del lago in un piccolo piano alluvionale, piccolissimo borgo alpino che decido di non visitare, ho troppa voglia di arrivare in cima al Pragel.
La strada è sempre ostica a causa della transumanza, debbo fare più attenzione del solito, non solo è stretta ma anche con poca visibilità e le wiederoste sono sparse qui e la anche se ben segnalate.
Prati verdi e piccole coltivazioni fanno da cornice alla sede stradale fin quando il bosco lascia il posto ad un paesaggio si verde ma molto più spigoloso e roccioso. Anche qui una processione di bovini rallenta il mio incedere. Il bovaro mi fa segno di procedere senza problemi tra le mucche, sulle prime lo prendo per pazzo ma poi posso constatare che i suoi bovini sono molto tranquilli e socievoli, per nulla paurosi e riesco a superarli senza troppi patemi d'animo.
A questo punto ho pieno campo libero e scarico a terra parte dei cv di Hime per giungere finalmente al passo situato anch'egli nelle vicinanze di un laghetto alluvionale.
La discesa verso Muotathal comincia in un selvatico mix tra rocce e conifere che diventerà quasi un bacio tra me ed il bosco, tanto è fitto e vicino. La natura qui la fa da padrona e per l'uomo dev'essere stata un'impresa veramente titanica costruire questa stretta strada in questa stretta valle. La foresta che mi circonda in verità è una delle poche foreste vergini rimaste in Europa ed è ovviamente territorio protetto.
Muotathal appare prima dall'alto del limitare del bosco in una rara “finestra” tra gli alberi, poi si mostra come un paese piuttosto ampio che occupa tutta l'ampia vallata che si trova sotto la foresta.
Da qui a Schwyz, omonimo capoluogo del cantone in cui mi trovo la strada si fa sempre più dritta e con meno particolari da ricordare.
Ripercorro il sinuoso tunnel semiaperto che mi riporta ad Altdorf e la tentazione di percorrere il Klausen è alta ma per oggi ho altri programmi.
Andermatt e la Gasthaus Die Ochsen mi aspettano per un pranzo tipicamente alvetico.

Continua...

Der Pragel und die Klöntal




L'approssimarsi dell'Autunno porta con se alcuni inconvenienti che il Mototurista incallito deve necessariamente prendere in considerazione durante la pianificazione del proprio girovagare.
Le ore di luce a disposizione diminuiscono e con loro anche le temperature, grazie a Dio il girovagare diventa decisamente più piacevole per il “Kawallo” ed il “Kawaliere”.
Non capita spesso di avere tempo per affrontare un viaggio infrasettimanale e ciò mi aiuta nella scelta della mia meta odierna, chiusa durante tutti i week-end dell'anno. A questo punto a me rimane solo il decidere le migliori opzioni per arrivarci e per tornare a casa.
Ore 5:20, nel buio più totale chiudo la claire del box, l'aria è frizzante e già immagino lo scendere della temperatura con la mia progressione verso il nord geografico.
L'umidità rende tutto più freddo, ovattato, tanto che i lampioni che illuminano la SS36 da Monza a Giussano sembrano avere una benefica e soffice aura dorata. 
Nel mio avvicinamento a Chiavenna mi trovo ad attraversare prima dell'innocua foschia, successivamente infidi e glaciali banchi di nebbia. Chiavenna sembra scrollarsi di dosso la notte e concede se stessa alle prime soffici e diffuse luci dell'alba. Un cielo di un azzurro abbacinante fa da terso cappello alla diradante foschia. La consueta sosta presso la pasticceria Mastai fa da gustoso, caldo e fragrante preludio al gelo della Val Bregaglia.
Di nuovo, l'effetto dell'alba mi rapisce e l'umidità residua rende tutto più delicato e morbido rispetto a qualche giorno fa ( 916,3 ). I colori sono ancora quelli estivi anche se, qui e la, i larici cominciano ad indossare il loro scintillante abito dorato. Nel falso piano tra Vicosoprano e Stampa tutto sembra uno still-shot, immobile, senza vento, senza altro apparente rumore che il fruscio aerodinamico del mio Shoei ed il rombo di Hime.
L'ultima ascesa verso Maloja, prima sinuosa ed elegante come un serpente poi tortuosa come un budello sulla rampa finale dei 20 e più tornanti, mi catapulta in un bianco mare di nuvole basse.
Cartoline autunnali.
Non si vede nulla ma poi, per fugaci istanti, sprazzi di visioni di lago e di monti, prima sporadici poi sempre più costanti. La magia di Segls e Silvaplana è sempre ugualmente dissimile.
I primi tornanti dello Julier in direzione Tiefencastell mi regalano un colpo d'occhio inconsueto quanto fortunoso. Cime baciate da un sole dorato in un cielo terso, Silvaplana giace li,in basso, fagocitata da una distesa di aerea panna montata semovente. 
Il limitare del bosco svela gradualmente la vallata morenica della Julierstraße ed il breve altopiano prima della cima si avvicina velocemente. Lame di luce come incisioni sulle rocce, le ombre lunghe e parallele appaiono come i segni di unghie di un arcaico demone felino celeste.
Il torrente che scorre verso valle come un impetuoso nastro argenteo, così luminoso da ferire gi occhi avidi di cotal bellezza.
La Sella dello Julier lascia il passo al digradante versante settentrionale che indossa ancora la fredda coperta della notte. Le mie membra appena rinvigorite dal calore del sole del primo mattino del versante sud, ripiombano in una “rinfrescante” realtà.
Tutto è ancora in ombra e l'odore della notte persiste insistentemente nelle mie narici. Giungo al lago di Marmorera ed essendo in anticipo rispetto ai miei piani, decido di far visita all'omonimo abitato che lo sovrasta.
Poche baite, un nastro d'asfalto stretto e tortuoso in mezzo ad un bosco di conifere, questa è Marmorea dorf. Il lago è li sotto, placido, ad attendere i primi raggi di sole. 
Un minuscolo cimitero montano: 
un tappeto di morbido muschio a rivestire un antico muretto di pietra a mo di confine tra vivi e dipartiti; 
l'ingresso sotto forma di un meraviglioso cancello finemente decorato in ferro battuto; 
uno sparuto manipolo di croci, anche loro nel medesimo stile del cancello, a segnare ogni tumulo; 
Qui è celata la storia di un piccolo paese montano, custodita in pochi metri quadrati e circondata da un paesaggio magnifico.
Proseguo per Tiefencastell prima e per Lenzerheide poi, un crescendo di luce solare mi accompagna durante l'avvicinamento a Coira, percepisco la voce della notte che urla recalcitrante la sua contrarietà durante l'avvicendamento con il diurno dominatore.
Il Walensee appare ancora sotto una leggera foschia ma l'effetto cartolina è comunque garantito, non lascia mai indifferenti. La cantonale corre parallela alle sue ripide sponde, così come la strada ferrata. La complicità di un convoglio merci mi consente una singolar tenzone con la motrice color rubino. Tutto finisce nel giro di qualche chilometro, lei in una scura galleria a valle, presumibilmente verso Zurich, io sulla gustosa salita che porta sul Kerenzenberg.

Continua....

giovedì 20 ottobre 2011

Mario



Marisa non c'è più da tempo,
eppure sapere che anche Mario, suo marito, è dipartito stamane mi lascia un gran senso di vuoto.
E' vero lui era un burbero e ombroso signore, però mi mancherà.
Non so perché ho sempre identificato in lui l'impersonificazione della Napoli bene, un non so che di aristocratico, una persona d'altri tempi che oggi si fa fatica a trovare.
Ora li immagino inseparabili come quando erano in vita, con le loro piccole discussioni, con il loro senso della famiglia. 
Poi mi rendo conto che di nuovo la figliola di Paola non avrà la possibilità di approfondire la conoscenza con il nonno e che il futuro bimbo che arriverà tra 2 mesi non lo conoscerà proprio.
una vita senza nonni.
Mi rendo conto di quanto io sia stato fortunato ad avere avuto l'opportunità di conoscerli e di imparare a vivere grazie ai loro insegnamenti
Mi rendo conto che il tempo passa e che la nostra breve esistenza va vissuta e non rimpianta per evitare le sensazioni come queste, il non aver avuto la possibilità di "salutare" qualcuno a cui tieni è devastante.
Ciao Mario, buon viaggio....

lunedì 17 ottobre 2011

916,3


Eliminare i noiosi trasferimenti sarebbe bello, peccato che l'unica possibilità per farlo, quando si ha intenzione di percorrere circa 900 km in una giornata assieme alla propria cavalcatura è di farlo nelle ore in cui le trafficate arterie che portano a Milano sono sgombre, ovvero di notte.
Quindi sveglia alle 4 e partenza alle 5:30 di un mattino di fine estate per raggiungere il Glaubenbielen ed il Glaubenberg.
Sono due passi che si trovano a ridosso dei cantoni di Nidwalden, Obwalden e Luzern nella Svizzera centrale.
Non sono esattamente prossimi al confine per cui anche le strade da percorrere per raggiungerli vanno scelte con cura. Risultato: 10 cantoni ed 11 passi alpini da percorrere.
È settembre inoltrato e nonostante il caldo delle ore diurne, in moto alle 5 di mattina fa piuttosto freddo, raggiungo Chiavenna poco prima delle 7 ed immaginare il sapore della seconda colazione non fa che accrescere la soddisfazione delle mie papille gustative quando, una volta entrato nella pasticceria Mastai assaporo la brioche calda ed inebrio le narici con il profumo del buon caffè.
Risalgo in moto ed il sole comincia a far capolino tra le cime dei monti.
L'unico essere vivente in circolazione sembro essere io e gli unici rumori percepiti sono l'aspirazione roca di Hime ed il ruggito sommesso del suo motore. La luce del mattino ha un non so che di delicato, come se l'immensa mano di madre natura svelasse con cura e leggerezza una sorta di scura coperta di dosso ai monti. I chiaroscuri prima sfumati si fanno sempre più taglienti e le rocce assumono mille sfaccettature affilate come lame. Il cielo azzurro senza nemmeno una nuvola fa il resto. Il Maloja snocciola curve una dopo l'altra, la strada priva di ostacoli, solo sul muro finale prima dell'altopiano m'impone uno stop a causa dei lavori in corso per consolidare un terrapieno all'interno di un tornante.
Tiefencastel viene raggiunta attraverso Silvaplana prima e lo Julier poi; è il solito misto di stupore per la bellezza dei luoghi ed il piacere di guida per il quale non finisco mai di ringraziare gli ingegneri civili svizzeri.
Lenzerheide è un intermezzo piacevole per giungere a Chur e poi a Bad Ragaz, il campo da golf del paese assieme agli alberghi a 5 stelle rendono tutto permeato di un'aura di ricca esclusività.
Raggiungere Glarus è sempre un'emozione forte, quel tornante, quel 24 luglio 2010, la pioggia, l'olio, Hime in terra ferita. Fare quel tornante è sempre una sfida, ed ogni volta che ci passo scatta la carezza al serbatoio della mia fidata amica di scorribande.
Linthal è l'ultimo avamposto prima dell'inizio del Klausen, altro luogo che mi fa sentir bene per la natura selvaggia e per l'ostica e tecnica strada da percorrere. Le mucche al pascolo sono ancora tante, si vede che è ancora presto per l' “Alpabzug”, la transumanza che le riporterà al sicuro in valle per l'autunno prima e l'inverno poi.
É forse la prima volta che percorro “al contrario” il Klausen e devo dire che fatto da est verso ovest ha un fascino tutto particolare si ha la sensazione che le alpi glaronesi ti investano letteralmente con la loro possanza, e la picchiata verso Altdorf ti si rivela tale per la pendenza del percorso che non si è mai rivelata così evidente in salita.
Qui parte il mio giro da esploratore incallito, percorro strade mai percorse per scoprire posti nuovi.
Con mio disappunto scopro che poco prima del Vierwaldstattersee l'autostrada si immette sulla statale per scarsità di spazio di una delle sponde, visto che le montagne circostanti precipitano letteralmente nel lago. Traffico intenso eppure anche così la statale si rivela molto tortuosa e piacevole, ricca di tunnel con aperture panoramiche sul lago, quasi a sembrare delle fotografie panoramiche messe all'interno di grezze cornici in movimento.
Gersau ormai è alle mie spalle e percorro un alberato e rigoglioso lungolago prima di arrivare all'imbarcadero per la sponda sud.
Ho circa 20 minuti prima che arrivi il traghetto e resto ipnotizzato dal colore di questo lago.
Sorpresa inaspettata, come anche il lago di Walensee la prima volta che lo vidi, sono laghi presumibilmente morenici e la forza di arcaici ghiacciai non più presenti hanno letteralmente divorato le rocce delle montagne circostanti. Questo porta ad avere una viabilità incompleta, nel senso che entrambi questi laghi non hanno delle strade su alcune sponde, la montagna sembra voler verticalizzare il suo ingresso in acqua e questo rende molto più affascinante e selvaggio il tutto.
È bello poter pensare che nel cuore della vecchia Europa possano esistere piccoli scrigni di intoccato dall'uomo.
La traversata dura circa 20 minuti e faccio la conoscenza con una coppia di anziani mototuristi zurighesi che mi illustrano le montagne circostanti, dominate dallo svettante Pilatus. Beckenried si presenta come una tappa abbarbicata sul lato basso della montagna ed è per me un passaggio verso Sarnen. Questa bella cittadina si trova sulla riva nord dell'omonimo lago in una ampia e verdeggiante valle. Tipicamente svizzera, dal suo centro storico con l'impianto viario tipicamente medioevale, case a graticcio, tetti spioventi, piazzette con le immancabili fontane. Tutto potrebbe essere di un'altra epoca se non ci fossero negozi con strumenti tecnologici ed auto parcheggiate qui e la.
In realtà la mia fugace visita a questa cittadina è stata una svista, ad una rotonda ho semplicemente sbagliato svolta non vedendo il cartello per il passo del Glaubenberg.
Ecco, la Glaubenbergstraße comincia a far capire di che pasta sarà fatta dalle prime curve, ripide, ampie, asfalto perfetto, in poche centinaia di metri sei sopra Sarnen, il lago sulla tua sinistra prima vicino, dominatore incontrastato degli spazi che feriscono gli occhi per la disarmante bellezza del panorama, poi sempre più distante mentre la Straße continua a salire in modo più dolce ma inesorabile. Il Sarnensee si defila sempre di più dalla mia vista ed i pochi paesini montani protagonisti di questa terrazza naturale lasciano i miei pensieri e mi concentro di più sulla guida.
Questo posto mi ricorda sempre di più la Nockalmstraße, un percorso naturalisticamente stupefacente, boschi, pascoli, cime e rocce a perdita d'occhio ma è un luogo che come la più famosa strada alpina austriaca ti abbraccia e ti coccola più che essere una sfida ostica ed ostile come ad esempio il Klausen, altro piccolo particolare a ricordarmela sono le numerosissime weideroste, le grate per l'attraversamento stradale del bestiame, segnalate però meglio e posizionate mai in modo pericoloso.
A Poca distanza dal passo, la strada prende a scendere in modo disomogeneo, prima in picchiata poi in modo dolcissimo poi di nuovo in salita, insomma un profilo altimetrico decisamente poco stabile, il tracciato si fa molto tortuoso per qualche chilometro ma nonostante tutto sempre molto piacevole. Tornando verso nord si rientra nel cantone di Luzern lasciandosi alle spalle l'Obwalden, siamo in piena Svizzera centrale e l'effetto Heidi è garantito, mucche, pascoli, boschi, pace e tranquillità; una versione paradisiaca della vita montana anche perchè il Glaubenberg non è tra i più conosciuti passi alpini vista la vicinanza di mostri sacri come Grimsel, Susten, Furka e Nufenen.
Arrivato ad Entlebuch svolto a sinistra in direzione sud, la valle è ampia e verdeggiante, siamo su un altopiano a circa 800 mt s.l.m. ma la strada ritorna ad essere trafficata fin a Schüpfheim dove mi attende la svolta verso la Panoramastraße del Glaubenbielen.
Onestamente all'inizio sono rimasto un po deluso, ne avevo sentito le lodi ed invece i primi10 km sono abbastanza insignificanti, solo le due creste montane sulla mia sinistra hanno un aspetto degno di nota, per quanto riguarda la guida invece una delusione, strada praticamente rettilinea con pochissime curve, realmente non capisco il perchè sia una Panoramastraße...
la mia delusione muta in dubbio, prima moderato poi intenso, arrivato a Sörenberg dove incontro i primi impianti di risalita, la strada migliora sensibilmente come il panorama fin quando si rientra in Obwalden, diventa stretta sembra giocare a nascondino con boschi e prati, un continuo gioco di luci ed ombre che ad ogni passaggio regala panoramiche viste sulle vallate circostanti. Ok, il dubbio ha lasciato la mia mente per trovare la conferma che questo luogo va visto per quello che regala agli occhi ed alla memoria, la guida soffre un po ma realmente non importa. Le soste regalano viste realmente uniche appena dopo il passo.
Da li tutta la vallata dal Sarnen in giù si dischiude come un magico fiore in tutta la sua inimitabile bellezza.
Un punto d'osservazione privilegiato, che fa da premessa all'ultimo tortuosissimo tratto sino a Giswil in mezzo ad un bosco stratosferico.
Da qui il Brunigpass è a pochi chilometri di una strada ampia piacevole e tortuosa il giusto.
Non mi sono ancora fermato e sono ormai le 12:30, comincio ad avere fame ed arrivato in cima al passo mangio un croissant alle mandorle ed uno squisito succo di mela frizzante, mooolto svizzero...
Meirigen mi aspetta, e nella mia testa si sussegue una domanda:
Grimsel o Susten?!?” .
Ho ancora pochi minuti per decidere cosa fare, ma questa domanda mi uccide.. Due tra i più bei percorsi elvetici che stanno facendo un incontro di box all'ultimo round nella mia povera testolina...
Innertkirchen, un bivio, una decisione, e Grimsel sia!
Buffo, i posti che ami sono sempre così identicamente diversi, una nuvola, un riflesso, un orario inusuale, tutto concorre a rendere speciale un luogo e la salita al Grimsel stavolta una ciliegina sulla torta in più: l'Oberaar, il suo rifugio ed il suo ghiacciaio.
Superata Guttannen, il lato aspro e apparentemente ostile del livello glaciale delle Alpi si fa sempre più vivo, i boschi lasciano il passo alla roccia viva, il verde si permea nelle sfumature della roccia come flebili lampi di colore.
Con il Räterichsbodensee ed il Grimselsee alle spalle giungo in cima al pianoro del Totensee.
Li un piccolo cartello bianco, un semaforo ed una strada così stretta che sembra una mulattiera mi indicano un nome: Oberaarsee.
La stradina è a senso unico alternato, alla fine è una strada di servizio che la KWO ha approntato per giungere alla diga dell'Oberaargletscher, che assieme agli altri invasi creano energia elettrica.
La Maestosità dei monti è il preludio di quel panorama che porta a vedere in lontananza l'Aletsch e lo Jungfrau, entrambi patrimoni dell'UNESCO. C'è una pace insondabile in questo luogo, non appena la strada comincia a scendere verso il Berghaus Oberaar spengo il motore di Hime ed assaporo il fruscio del vento, i profumi dell'alta montagna ed ammiro panorami mai visti prima, anche il Gelmersee prima non visibile. Rientrato sulla strada principale mi dirigo verso Ulrichen e poi verso Airolo tramite il Novena. Qui il meteo cela capricciosamente le cime più alte e le sfumature sempre più plumbee mi consigliano di aumentare il ritmo non dando a questo luogo l'attenzione che meriterebbe.
In compenso la Tremola percorsa in un tardo pomeriggio nuvoloso mi da una soddisfazione immensa, quasi non fosse di insidioso porfido, semplicemente unica.
A questo punto solo l'Oberalp ed il Lucomagno mi separano dal completare questo mio personalissimo tour.
Tour che si conclude con della fastidiosissima pioggia poco prima di Bellinzona che mi accompagna sin quasi a casa.
Alla fine 916,3 km fatti in giornata assieme alla mia fida cavalcatura, una giornata splendida che la pur poca ma intensa pioggia non è riuscita ad inficiare.



venerdì 14 ottobre 2011

100.000 .... on the Albula

Ok in questo periodo mi sento emotivamente instabile e tutte le mie sensazioni sono amplificate in negativo ed in positivo.

Oggi riguardando le tante foto scattate in cui tu sei la protagonista ho rivissuto per istanti lunghissimi le emozioni, le sensazioni , i profumi, i sapori ed i rumori di luoghi, persone ed esseri viventi sparsi.
Ho sorriso, pianto, riso di gusto, mi sono arrabbiato... sei riuscita a far crescere in me un sentimento che non pensavo si potesse provare per un oggetto inanimato. Forse questo sentimento è dovuto al fatto che grazie a te ho avuto la possibilità di conoscere in primis luoghi, poi persone, alcune sono solo passate nella mia esistenza e ne ricordo con piacere la fugace apparizione, altre invece sono diventate presenze costanti di cui adesso faccio fatica ad immaginarmi senza. Sei arrivata una mattina di Giugno 2005, ho dovuto aspettare 2 settimane prima del nostro matrimonio, quando mi sono reso conto che era tutto vero è stato come avere un tuffo al cuore, un'emozione fortissima averti finalmente tra le mie mani dopo che mi avevi fatto la corte dall'alto del piedistallo nella vetrina in cui eri l'unica protagonista, poi è arrivato tutto il resto.
I luoghi che prima per me erano un' onirica utopia sono diventati una certezza costante, a pensarci non mi capacito del perchè alcuni luoghi più di altri rimangono impressi in me. Ho fortemente voluto che questo giorno importante per noi fosse vissuto in uno di questi luoghi simbolo e così è stato, ho sorriso quando arrivati assieme ai 2315 mt dell' Albula il tuo tachimetro segnasse beffardamente 99.999 e non 100.000 ma in fondo è sull' AlbulaStraße che questa cifra è stata raggiunta, quindi mi sta bene. Doveva essere li, è stato il nostro primo viaggio importante, non avevi ancora l'abito da sera che ti ho regalato nel corso degli anni, che ti ha reso unica e di un'eleganza particolare. Ricordo il mio stupore nel vedere La Punt-Chamues da uno dei primi tornanti del versante sud, come da un privilegiato palco dal quale vedere una rappresentazione teatrale maestosa, messa in scena da madre natura e dall'ingegno umano. Un panorama unico che non so rendere ne a parole e nemmeno in foto. L'odore dell'umidità, quello che percepisci da lontano osservando le nuvole che di li a poco ti accompagneranno in un liquido e freddo abbraccio. Quel Klausen nel 2010, il nostro danzare tra torrenti d'acqua quasi ai limiti dell'incoscenza, preludio a quella tua ferita grave sul tornante appena dopo Mollis, il doverti abbandonare per giorni in terra straniera ma amica, per poi ritrovarti ed osservarti su quel carrello dietro di noi, come se dai tuoi occhi uscissero fuoco e fiamme di voglia di tornare, di essere più in cattiva di prima, di accompagnarmi in tante altre scorribande in giro per le Alpi.
Quelle lame di luce a ferire gli occhi in un tramonto intenso e ventoso sulla Villacherstraße, dove ho preferito rallentare piuttosto che rischiare per una condizione di luce difficilissima. Valutare distanze e contorni era una sfida alla mia già fragile vista. La discesa dietro a quel lampo verde, la risata convulsa dentro al mio elmo protettivo per non aver la capacità, mia e tua, di riuscire a star dietro a quel lampo, troppa la differenza di cavalleria e di manico.
Per un attimo ci hai creduto anche tu di poterli superare vero!??
Insomma potrei andare avanti per ore a ricordare tutto quello che abbiamo passato in questi 100.000 km assieme...
Posso solo ringraziarti per tutto ciò che hai regalato alla mia esistenza e spero che anche tu sia stata contenta di star con me, convinto che "our love will last forever..." .

Grazie

A come.....

Un passaggio di "Cars - Motori Ruggenti " e mi viene il magone.

Rifletto mentre le colorate scene del film scorrono sul video della mia TV.
Esseri umani, Persone... Persone che cominciano a provocarti benessere mentre sei in loro compagnia.
Ti ritrovi a domandarti che forse queste persone stiano diventando speciali e mentre lo stai facendo hai la consapevolezza che sono diventati tuoi Amici.
Pensi al passato più o meno recente condiviso di momenti, passioni ed istanti unici.
Unici ed insostituibili perché loro c'erano ed hanno reso tutto più speciale.
Pensi a parole dette, a fotografie scattate a tradimento, che però immortalano le persone nella loro versa essenza.
Pensi a tragitti fatti in macchina, ai km che loro si sono sciroppati per non abbandonarti al tuo destino.
Pensi a manicaretti preparati con amore in un'atmosfera casalinga per un manipolo di bocche affamate.
Pensi a dei sabati che invece di dormire un'ora in più, ti danno una mano a sistemare dei problemini casalinghi.
Pensi a lunghe telefonate, mentre maledici i km che ti separano da loro.
Pensi a messaggi scambiati alla sera, su sensazioni, su luoghi che solo loro sanno capire.
Pensi all'entusiasmo dei loro racconti mentre cercano di convincerti sulla bontà del disegno del tuo tracciato. 
Pensi a tanti altri momenti e luoghi speciali condivisi con loro.
Amici miei sono onorato di poter essere vostro amico perché mi rendo conto di come la mia vita senza di voi sarebbe meno vera a meno intensa, se non ci fossero le vostre aspettative da stupire ogni volta quando organizzo i miei tour, anche questi ultimi non avrebbero lo stesso sapore, se non ci foste voi a farmi arrabbiare ogni volta che cambiate idea su qualcosa, non riuscirei a rendermi conto di quanto siano importanti le vostre opinioni, se non ci fossero le vostre tante e diverse esperienze di vita, non potrei arricchire di conoscenza la mia.
Insomma a volte vorrei abbracciarvi senza un apparente motivo, solo per dimostrarvi il mio affetto.
Anche se poi a volte mi rendo conto che me lo avete dimostrato più e più volte senza nemmeno rendervene conto.
Beh Amici, buona notte.
Mi mancherete anche oggi che siate vicini o lontani.

giovedì 28 luglio 2011

Pluie...

Pluie…

Penombra, pallida e soffusa, il lenzuolo bianco appare più scuro attorno alla mia vita e mentre il mio corpo torna lentamente allo stato di veglia, l’udito assieme alla vista ed agli altri sensi si risveglia.. 

Un continuo ed intenso ticchettio sul tetto sopra di me non lascia presagire nulla di buono.
Qualcosa mi spinge a rimanere nel letto dentro al bozzolo sicuro che mi sono creato con il lenzuolo.
Oggi però è il giorno del rientro e prima o poi dovrò abbandonare il mio giaciglio.

L’operatività vince la pigrizia ed una volta sceso dal letto scosto le tende, i sensi difficilmente ingannano.
La pioggia intensa è ovunque ed un cielo livido di nuvoloni carichi d’acqua si sparge a perdita d’occhio.
La fortuna e l’ottimismo dei giorni passati sembra averci abbandonato, non prevedo nulla di buono sulla nostra via del rientro.
Luca dorme, sereno ed ignaro di quello che ci aspetterà, a dire il vero nemmeno io mi sarei aspettato nulla di simile per le ore a seguire.

Sento rumori in corridoio e controllo chi tra lo Ste, Albi, Mauro e Marco sia già sveglio.
L’orario pattuito per la colazione dovrebbe esser rispettato, sono tutti svegli e rassegnati alle condizioni meteo a dir poco inclementi.
Hime sembra sconsolata sotto quel liquido perlage che si incunea tra ogni sua curva, io però sono tranquillo, abbiamo imparato via via a conoscere le condizioni meteo avverse ed ad affrontarle assieme. Se fossi li accanto a lei sotto la pioggia le farei una carezza e le sussurrerei parole rasserenanti, quasi a spazzar via il livido grigiore dai suoi pensieri e dai miei. 

Al momento di avviarci alla Boulangerie per l’ultima volta mi accorgo con disappunto che sono l’unico a non avere il cappuccio sul mio antipioggia. Mauro riesce a sottolineare la cosa in modo ilare e l’umore del gruppo migliora, per quanto possibile.
Mimmo, la Manu, Paoletto e la Kia ci raggiungono e si va, non prima di essermi coperto la testa con uno dei tanti sacchetti dell’umido che avevamo a disposizione, si vede che io e la Manu sappiamo esser pratici ( lei più di me  , a me capita di rado), abbiamo avuto la stessa brillante idea, massima resa con minima spesa.     

La colazione scorre via veloce e dopo aver salutato le nostre panettiere preferite ( per questi giorni francofoni ), cominciamo il rito della pulizia e preoccupati ci avviciniamo alla reception per scoprire l’ammontare del danno che avevamo procurato al tavolo da giardino.
In questo il ragazzo alla reception è stato onestissimo e ci ha chiesto solo 30 € per la sostituzione del piano del tavolo.
Eravamo così felici che ne volevamo distruggere altri hhahahahahaha .
Intanto che il sapore dolce dei croissant lasciava spazio a quello della pioggia completavamo la preparazione dei bagagli sulle nostre cavalcature infreddolite da una notte all’addiaccio.
Ormai è tarda mattinata e quello che avrebbe dovuto essere il percorso del ritorno non viene nemmeno preso in considerazione, le previsioni sono pessime anche per il pomeriggio e quindi decidiamo di percorrere l’autostrada reputandola di certo più sicura.

Partiamo verso le 12 e la pioggia sembra allentare leggermente la sua asfissiante morsa ma come avremo modo di scoprire sarà solo una fugace impressione.
Fayence è veramente vicina all’ingresso dell’autostrada che porta a Cannes e di li a Mentone, paghiamo il pedaggio e proseguiamo il nostro viaggio.
L’ ”autostrazio” francese è notevole, 3 corsie molto ampie con relativa corsia d’emergenza, ed in condizioni di pioggia di media intensità svolge il proprio compito egregiamente. 

Purtroppo questo nostro viaggio verso l’Italica terra è del tutto diverso da una condizione media, lo definirei Estremo…
La pioggia infatti a pochi km dall’aver valicato il casello si fa violenta, il traffico rallentato all’inverosimile e le tre carreggiate sembrano le corsie di una piscina olimpionica. Il quantitativo d’acqua che si sta rovesciando su di noi ha qualcosa d’incredibile, ripenso alle “lavate” subite nei 90.000 km assieme ad Hime ed una cosa del genere non mi era mai capitata. Solo sulla Cornacchiaia assieme a Mauro l’intensità fu superiore ma durò pochi interminabili minuti, qui invece il muro d’acqua è costante, intenso ed incessante allo stesso tempo.
Dopo appena 20 km ci rifugiamo in un’area di servizio per evitare di affogare.
Qui passiamo diversi minuti per cercare di capire come procedere nel caso la pioggia diminuisse di intensità o smettesse del tutto. Ripartiamo e fino al confine di stato non constatiamo nessun miglioramento nel meteo, anzi. Se prima la pioggia era intensa adesso lo è di più accompagnata da raffiche di vento intense che schiaffeggiano le nostre moto da ogni lato. 

Sono preoccupato per Mimmo e la Manu e per Paoletto e la Kia, in due la sensazione di per se già sgradevole dev’essere tremenda.
Il cartello blu con il cerchio di stelline gialle e la scritta ITALIA a campeggiare al suo interno ci segnala l’ingresso a “casa”. Qui il vento è così intenso che parcheggiare le moto nell’attesa del rifornimento diventa un’impresa, il timore che vadano in terra è alto e reale. 

Il panorama sul mare è impressionante, mare increspato di un turchese intenso mentre il cielo il lontananza splende di riflessi blu - arancio, in avvicinamento dal mare francese invece un roboante e tumultuoso ammasso di lividi cumulonembi che contrastano in modo stupefacente con il colore del mare.
Sono così carichi di pioggia e così diversi da quello che hanno attorno che appaiono come se fossero appesi a delle spesse funi di piombo, tutto il loro incedere assume un’immagine di potenza straordinaria ed inevitabile.
La ripartenza dall’area di servizio dev’essere effettuata quanto prima per cercare di “scappare” dal quantitativo d’acqua in avvicinamento.

Il traffico diventa sempre più intenso all’approssimarsi a Genova, il gruppo si sfilaccia.
Le due coppie ed Albi rimangono indietro, Io, Stè, Luca, Mauro e Marco procediamo spediti in mezzo alle auto in coda.
In questi frangenti nonostante la pioggia avere la moto è un indubbio vantaggio.
Cerco di tenere un ritmo svelto ma prudente, poi però vengo superato dagli altri e la “danza” assomiglia più ad una prova d’iniziazione contro la paura della morte. La velocità tenuta da Marco che nel frattempo si è portato a capo del gruppo rasenta l’incoscienza, dovrò scambiarci 2 paroline alla prossima sosta.

Nella concentrazione dovuta al timore di perdere il gruppo non mi accorgo che Mauro è sparito dai miei specchietti retrovisori.
Decido che mi sarei fermato al bivio per Torino, visto che il forte vento ha imposto una tregua alla pioggia.
Mi fermo in corsia d’emergenza con la freccia ben in vista ed attendo l’arrivo di Mauro, gli altri non si sono accorti della mia sosta ed hanno proseguito la loro… corsa.
Passano 5 minuti e Mauro non si vede, sono preoccupato e controllo il telefono per verificare l’eventuale presenza di chiamate.
Ricomincia a piovere intensamente ed io sono completamente esposto alla pioggia per cui decido mio malgrado di ripartire.

La Liguria ha la sorprendente capacità di amplificare tutte le sensazioni che una giornata di maltempo ti può trasmettere.
Se si vuole avere la percezione di una “punizione divina” l’assocerei proprio a questa nostra esperienza.
Imboccare l’A26 direzione Milano è un vero e proprio calvario, se nei km precedenti l’asfalto drenante ha svolto estremamente bene in suo lavoro, fino al bivio per l’A7 l’alternarsi di tratti drenanti e non mette in crisi il ritmo di guida.

Ho il serbatoio pieno per tre quarti e con questo quantitativo di benzina posso rientrare a casa senza ulteriori soste.
Nonostante la stanchezza cominci a farsi sentire proseguo senza sosta alcuna.
Un leggero cambiamento di colore all’orizzonte mi fa ben sperare nel termine delle ostilità da parte di Giove pluvio e come da programma il cielo non mente, verso Tortona e poco prima dell’innesto della bretella di collegamento sull’A7 la pioggia scioglie il suo opprimente abbraccio per offrirmi un rientro spedito e asciutto.


Cosa mi rimane di quest’esperienza?

  • La conferma di Amici di vecchia data, motociclisti fin nelle ossa, fachiri del Km, non una lamentela, non un piagnisteo.
  • La comprensione nei miei confronti anche nei momenti ( rari ) in cui ho sbagliato strada.
  • La pazienza infinita della Manu, per te un monumento non sarebbe sufficiente.
  • La goliardia dei nostri ritrovi con le gambe sotto al tavolo.
  • La capacità di rendere tutto speciale.

Questo per “limitarmi” alle persone presenti...

Poi le considerazioni su un paese che ho sempre guardato con rispetto e diffidenza.

Una natura grandiosa, spazi incontaminati e borghi di una bellezza irreale.
Abitanti sempre molto gentili anche se il “suono” della lingua autoctona rende aihmè tutto apparentemente meno sincero.
Un rispetto per il motociclista che qui da noi è mera utopia.  
Una qualità delle materie prime eccezionale, una ricchezza di profumi ed una mutabilità di ecosistemi unica.

Insomma una bella ed inattesa scoperta questa Francia così vicina, nonostante io sia riuscito nell’intento di far piovere ancora 
 
UNICA ED INSOSTITUIBILE HIME, 
non finirò mai di ringraziarti per questi 6 anni, 
91.000 km di strade percorse, di persone, vite condivise che senza di te non sarebbero mai accadute

GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!! 


mercoledì 22 giugno 2011

Route Napoleon

Il suono ripetitivo della sveglia mi fa tornare alla realtà, le tende ancora socchiuse.
Un muro “virtualfisico” oltre il quale c'è il futuro del nostro sabato.
Scendo dal letto a castello, Luca ronfa beatamente, come possa essere rimasto insensibile al frastuono della sveglia me lo dovrà spiegare prima o poi...
Mi accosto alle tende quasi fosse una sorta di rito, lo spesso tessuto arancio cupo lascia filtrare solo spiragli di luce.
Afferro con forza i due lembi, uno per mano, chiudo gli occhi e rivolgo un'invocazione a tutte le divinità benevoli che mi vengono in mente. Scosto le tende con un movimento secco e nello stesso istante apro gli occhi.
Sprazzi d'azzurro tra nuvole “importanti”, non piove ma tutto è ancora relativamente umido.
Le divinità hanno accolto le mie richieste.
Solito tran tran mattutino, toeletta, colazione, vestizione e pronti via.
Piccolo briefing tecnico e viene stabilito quanto segue:
  • Io, Luca, Stè, Marco e Mauro affronteremo la Route Napoleon;
  • Mimmo, la Manu, Paoletto, Kia ed Albi faranno un'escursione a Grasse e poi si dirigeranno verso il mare.
Ci si saluta e si procede verso Grasse a ranghi serrati. Il centro storico è come invaso da orde di turisti, quasi un assedio e la strada per la Route è obbligata.
Poco a poco però la civiltà si fa sempre più rarefatta, superiamo il primo spartiacque e la vista che ne otteniamo continuando a salir di quota si fa grandiosa. Il bosco ceduo e profumato dei primi km lascia il passo a vegetazione più bassa e un paesaggio più brullo lascia a vista le rocce.
Il panorama in direzione del mare è magnifico, peccato per l'aria carica d'umidità che non consente di apprezzarlo appieno.
La Route si appropria dei suoi spazi e via via si fa più larga ma sopratutto più veloce, sinuosa come un black mamba incita ad incrementare la velocità.
Non sono concentrato, guido contratto, è da Grasse che sto battagliando con il mio paraschiena;
s'impunta fastidiosamente tra scapola e schiena. Sono talmente distratto che probabilmente la mia velocità fa a cazzotti con le velleità velocistiche dei miei amici.
Per poco non mi prende un accidente, la motovelocebianca mi passa ad un regime motore che definire ululante è poco. Lo Stè segue a ruota mentre Marco e Luca rimangono alle mie spalle.
Il gruppo si ricompatta piuttosto velocemente e ritorno a capo delle operazioni. La mia guida sempre più imprecisa impone una resa dei conti con l'irritante paraschiena in un'improvvisata area di sosta. Uscito vincitore dalla lotta, finalmente posso guidare più agevolmente anche se più avanti nell'arco della giornata scoprirò di soffrire di una strana sindrome....
La Route comincia a scendere per ridiventare più tortuosa e tornanti di ogni raggio di curvatura ci impegnano fino al raggiungere Castellane.
Borgo montano di rara e affascinante bellezza, animato nella sua piazza principale da un pittoresco mercato. Tento di prelevare del contante presso il locale bancomat ma inspiegabilmente l'operazione non riesce. Fortunatamente la carta di credito non mi tradisce.
Qualche goccia di pioggia comincia a bagnare le nostre visiere, nulla di che, alla fine l'azzurro cielo vince su tutti. La ritrovata serenità alla guida mi fa godere appieno il paesaggio nonostante la velocità che vedo sul mio tachimetro sia non proprio consona al CDS.
Guidiamo tutti in estrema scioltezza, 5à/6à marcia ed appena una manciata di frenate in tutto per una ventina di km. Un ritmo sostenuto ma estremamente godibile che scopro essere apprezzato anche dagli altri peccato il doversi fermare per risolvere un problemino “idraulico” di Mauro ( leggasi sosta pipì ). Decido di approfittare della situazione per regolare anche i miei liquidi.
Il paesaggio è carsico, il fiume ha letteralmente mangiato via le rocce creando gole piuttosto profonde. Qui l'ammirazione per gli ingegneri che hanno costruito questa strada capolavoro è massima. Il passaggio nella stretta gola è da brivido, simile a quanto provato il giorno prima nel Verdon, somiglia vagamente alla zona geotermica delle colline metallifere in Toscana.
Brullo con sprazzi di verde intenso.
Abbandoniamo la Route per imboccare la D907 verso Mezel, stradina di campagna decisamente piacevole e molto scorrevole. I profumi della natura si fanno invadenti, terra ed erba umida prima e poi un profumo lieve di lavanda anche se le coltivazioni non sono ancora alla portata dei nostri occhi. Appena dopo Estoubian le indicazioni per Valensole impongono una svolta su una strada tutta curve in mezzo al bosco.
Tutta in salita si porta su un plateau ove fra qualche settimana un mare di lavanda ci avrebbe atteso.
Qui lo Stè prende il comando delle operazioni e con gli altri a fidi scudieri. Mi piazzo in fondo al gruppo a godermi guida e paesaggio. Lo scollinamento è quasi teatrale, un altopiano coltivato a lavanda a sinistra e la valle sottostante appena percorsa sulla nostra destra.
Attraverso la visiera noto la delusione di Mauro, che come me sperava in una fioritura precoce. Il profumo è già intenso ma il colore viola intenso è di la da venire. Ricomincia a piovere leggermente e la D8 scorre dritta come un fuso sotto le nostre gomme ad una velocità non meglio precisata sopra i 100 km/h.
Valensole viene depennata dal nostro taccuino di viaggio mentre imbocchiamo la D6 che percorreremo in souplesse visto che la pioggia ha deciso di lasciarci momentaneamente in pace.
Destra, sinistra, destra, potrei ancora andare avanti tanto è flessuosa questa strada tutta in discesa.
Il rosso intenso del terreno fa da complementare sposo al verde intenso delle piante. Appare tutto estremamente naturale come lo è anche il nostro incedere, in pratica anche qui non freniamo mai.
Un dolce dondolare tra le curve senza fretta, nonostrante i morsi della fame cominciassero a farsi sentire.
Manosque è ormai ad un tiro di schioppo, solo la Durance fa da ultimo ostacolo naturale.
Il centro storico è vicino, anche se non ho fatto in tempo a documentarmi sul dove mangiare.
Parcheggiamo le moto in un parcheggio reso ombroso da verdeggianti alberi. Dopo una breve perlustrazione del centro decidiamo di ritornare sui nostri passi e decidiamo di pranzare nella Brasserie di fronte al parcheggio ( Le Gavroche 21 Avenue Jean Giono, 04100 Manosque, Francia ).
La scelta è più che buona, almeno per me e lo Stè ( Anatra al miele e rosmarino con fagottino di fagiolini lardellato con contorno di patatine fritte servite in un originale cartoccio di ceramica).
Molto buona la birra ma quello che mi rimane impresso è l'originale forma della bottiglia in cui ci viene servita l'acqua, mi ricorda le fattezze delle bottiglie degli anni '30.
Paghiamo e proseguiamo il nostro viaggio. Penso ai nostri amici al mare, non sanno cosa si stanno perdendo.
Lasciamo Manosque percorrendo la sua zona industriale ed imocchiamo la D216 direzione Forcalquier, sulla mappa mi aveva dato delle buone vibrazioni invece è forse la più brutta delle strade che percorreremo in questi giorni. Sono deluso e preoccupato, ho fortemente voluto questa deviazione e sarebbe stato uno smacco per me se non fosse valsa la pena.
Per mio sommo piacere la D5 incomincia a scorrere in modo decisamente più piacevole in un paesaggio verdissimo e lussureggiante, il profilo altimetrico è un saliscendi fantastico, non un tratto stradale pianeggiante, i pochi rettilinei saranno al massimo 200/250 mt. La velocità, in considerazione del fatto che nuvoloni minacciosi sembrano volerci fagocitare, aumenta sensibilmente. Piombiamo letteralmente dall'alto della collina su Manosque, Dobbiamo necessariamente far benzina e nel frattempo la pioggia completa il suo inseguimento, ci raggiunge.
Per la seconda volta in 2 giorni Luca avrà ragione a non volersi infilare la tuta antipioggia.
Stavolta però lo convinciamo, non sembra voler smettere in modo agevole, anche se poi alla fine superato il fiume è di nuovo tutto asciutto.
La nostra meta è di nuovo Draguignan, e mi affido totalmente alla segnaletica stradale controllando le mie mappe appena un paio di volte.
Attraversiamo luoghi all'apparenza privi di civiltà visibile, qui mi rendo conto come la Francia sia un paese immenso. Le distanze tra un paese e l'altro sono notevoli e la natura si prende gli spazi che gli competono. Draguignan viene raggiunta in breve visto che la strada percorsa è molto veloce e dobbiamo più volte ringraziare gli automobilisti francesi che ci danno SEMPRE strada...
In Italia è proprio lo stesso... che amarezza....
Curiosamente ci si ritrova di nuovo davanti alla boulangerie di venerdì pomeriggio ed ovviamente ci fermiamo per una sosta.
La vetrina è decisamente più “dotata” di prelibatezze ed alla fine optoper una deliziosa tortina di lamponi. Sottile strato di pasta frolla piacevolmente burrosa con un sostanzioso strato di creme fraiche sul quale sono adagiati un numero imprecisato di lamponi freschissimi.
Rifocillati ma sopratutto idratati riprendiamo il nostro incedere verso Tourettes.
Rifare la Draguignan – Fayence è per me un banco prova per cercare di venire a capo alle mie sensazioni negative di guida, sensazioni che i accompagnano da quando siam partiti.
Tengo un ritmo allegro ma a quanto pare per lo Stè non è sufficiente e così mi passa..
Ok” mi dico, “vediamo di testare la tua tenuta mentale”.
Lo Stè non si risparmia ed io riesco a tenere abbastanza agevolmente il ritmo elevato della nostra corsa. Peccato che in uscita di curva i quasi 30 cv di differenza con la Zetona si facciano sentire tutti. Complice un tornante trafficato il gruppetto si divide, io e lo Stè passiamo al pelo, gli altri rimangono intruppati in coda al trenino di auto. Quando arriviamo al bivio per Fayence dobbiamo aspettare un pochino ma poi siamo di nuovo tutti assieme.
E' ufficiale, soffro della “Sindrome di Hayden” , riesco ad andare molto più forte e pulito solo se ho qualcuno che mi fa da traino. Arriviamo al residence giusto in tempo per un tutto in piscina per poi prepararci per la cena presso il quale giovedì sera ci avevano rimbalzato.
Un bel tavolone all'aperto, mangiamo piuttosto bene; personalmente ho apprezzato molto le cozze e l'Ile flotant che tra l'altro scopro essere la versione francese addolcita dell'ungherese Madàrtej.
Caffè conto e ….. piove....

Continua ….