martedì 7 ottobre 2008

Agguato alla razionalità

Il pranzo è terminato, posso fare i miei saluti al gruppo di amici e mettermi in strada. Castelnovo ne’ monti mi aspetta. Il cielo non è limpido, la temperatura fresca di un autunno appena cominciato.
La colonna sonora della partenza sarebbe un pezzo jazz, la fondo valle è sinuosa ma non troppo, all’inizio le curve sono rade ed ampie con lunghi rettilinei sui quali potrei scaricare la cavalleria di Hime ma non lo faccio il ritmo è blando il traffico una insignificante e fastidiosa presenza fino ai paesi più grandicelli.
Poi le curve prendono il sopravvento alternando veri e propri tornanti da prima marcia a curvoni veloci da quarta. L’autunno sta coprendo lentamente il terreno di una secca coperta di foglie di un a calda tonalità dorata; incomprensibili contraddizioni di una stagione che spesso ha la capacità di sorprenderci.
Sono le 4 del pomeriggio di una domenica di fine settembre, il sole scalda ancora il mio corpo ma io sono concentrato sul nastro d’asfalto che ho davanti a me, il ritmo si fa intenso e la velocità cresce.
Il primo traverso in ingresso in un tornante bussa alla porta del mio cervello ma da li dentro non pare rispondere nessuno come se un magnifico catenaccio con un lucchetto finemente decorato da incisioni in una lingua a me incomprensibile non mi permettessero di accedere alla parte razionale di me.
Una persona con un minimo di razionalità avrebbe rallentato il ritmo, io no. Proseguo in un incedere sempre più veloce, le cifre del tachimetro si agitano nervosamente davanti ai miei occhi in cerca di un equilibrio che in questo pomeriggio non troveranno mai…
I traversi ormai sono 2, accompagnati da un intervento del limitatore, scalo una marcia poi un’altra ancora ed ecco che in discesa la ruota posteriore non vuole saperne di stare attaccata all’asfalto facendo sbandierare il posteriore vistosamente.
Intorno a me il nulla, se non la natura degli Appennini parmensi ed un freddo che si sempre più intenso seguendo il calare del sole.
Arrivo nella parte stretta della salita verso il cerreto, la guida si fa nervosa a scatti, allunghi seguiti da staccate brusche, la fitta lancinante al polso sinistro mi costringe a rallentare, quello che non ha potuto il mio cervello per una razionalità imprigionata da lacci e catene inestricabili, lo ha potuto il dolore fisico intenso e pungente di una fitta appena dietro il palmo della mano.
La frizione di Hime è inspiegabilmente dura, la fatica di tante cambiate si è tramutata in un dolore lancinante. Rallento ed arrivo fino in cima al passo dove mi fermo qualche minuto cercando di far riprendere forza alla mano sinistra, tento una regolazione della distanza del registro della frizione inutilmente, se non sento dolore lo stacco e talmente vicino al manubrio che la moto è praticamente in presa in ogni istante.
Provo lo stesso a guidare ma inevitabilmente debbo fermarmi a ripristinare la regolazione.
Inizio la discesa in mono marcia, il cambio resta una chimera per qualche decina di kilometri, grazie Hime e grazie a mamma Kawasaki che ti ha dato un cuore così elastico e generoso.
Arrivo al bivio che aspettavo, dal cerreto verso Ramiseto e poi verso il Passo del Lagastrello, qui la strada è molto interessante, in una trentina di kilometri non incrocio nessuno e le traiettorie sono sempre più precise, c’è qualcosa nella mia testa che proprio non va, come un antidolorifico sempre più forte mi consente di aumentare di nuovo il ritmo di guida che raggiunge limiti mai provati prima. Sbandate di potenza in uscita di curva, traversi, ruota anteriore che galleggia in aria a qualche centimetro dal nastro d’asfalto, cifre impazzite sul tachimetro… mi sto divertendo come un matto, complice l’asfalto completamente rifatto dalla provinciale 15.
La sensazione strana è quella di avere un altro me, ma molto più cattivo che guida i miei movimenti. Io sono lucidamente conscio che tutto quello che sto facendo è profondamente sbagliato ma continuo a farlo senza un motivo apparente.
Arrivo alla diga del passo e finalmente comincio la discesa verso Langhirano dove un caro amico mi aspetta. La guida scorre fluida, le pedane toccano ripetutamente la carreggiata, il brutto vizio che ho imparato da una pilotessa con i fiocchi si presenta ad ogni curva stretta a destra, però riesco a correggere la traiettoria prima di grattare gli specchi nuovi di Hime sul guardrail..
Gli avvallamenti sono gli stessi di sempre, la curva malefica dove ho fatto un dritto sull’erba l’anno scorso scorre via ad una velocità imbarazzante, dopo Agrimonte i curvoni in discesa sono troppo invitanti ci sono tre macchine però sulla mia traiettoria ideale, la visibilità è perfetta non viene nessuno ho margine d’opera e sfilo i tre ostacoli in piega a destra tagliando la strada alla macchina in testa al gruppetto.
Li è stato come una rivelazione, la mia razionalità si è ribellata ed il portone finemente decorato chiuso da lacci e catene si anima ed il lucchetto scompare nel lampo di luce che ingloba tutto dentro di se…
Posso proseguire con calma adesso, ho ritrovato un equilibrio ed un caro amico mi aspetta…

AGGUATO ALLA RAZIONALITA’

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